Ultimamente si sente parlare spesso di diete chetogene e probabilmente ti stai chiedendo se siano diete che possono far male, quali sono gli effetti collaterali e le controindicazioni. D'altro canto è possibile che tu voglia iniziare una dieta chetogenica per dimagrire, per un lipedema o semplicemente per una emicrania o perchè soffri di insulino-resistenza.
In questo articolo passiamo in rassegna diversi aspetti della dieta chetogenica classica: la sua storia, a cosa serve, cosa mangiare e per chi è consigliata, le indicazioni, gli effetti collaterali e alcuni esempi di dieta chetogenica.
Indice
- Definizione e principi fondamentali della dieta chetogenica classica
- A chi è adatta e a chi è consigliata la dieta chetogenica classica
- Tipologie ed esempi di diete chetogeniche
- Cosa mangiare e non mangiare, alimenti vietati nella dieta chetogenica
- Dieta chetogenica per dimagrire e per il lipedema
- Esempio di menu e schema di dieta chetogenica
- Controindicazioni ed effetti collaterali della dieta chetogenica
- Dieta chetogenica dei 21 giorni (oloproteica)
- Chetosi e la dieta chetogenica: come riconoscerla, possibili ragioni del mancato raggiungimento e soluzioni per dimagrire
Definizione e principi fondamentali della dieta chetogenica classica
Quando nasce la dieta chetogenica classica
Vediamo la storia della dieta chetogenica e quando nasce la dieta chetogenica.
Nel 1920 il figlio di un famoso avvocato di New York, l’avvocato Howland, era affetto da grave epilessia resistente ai farmaci. Il bambino fu curato dal dr Hugh Conklin, un medico che riteneva che l’epilessia derivasse dall’intossicazione dell’intestino a livello ileale e dell’intestino tenue. In quegli anni il dr Conklin stava ottenendo ottimi risultati su tantissimi bambini epilettici. Conklin applicò il protocollo di “disintossicazione” attraverso un digiuno totale durante il quale veniva assunta solo acqua.
Il digiuno durò per 25 giorni poi ripreso più volte. Le crisi del bambino si ridussero drasticamente sia come frequenza sia come intensità. Essendo una dieta insostenibile per un bambino perchè avrebbe portato a malnutrizione e difetti della crescita, l’avvocato Howland si pose il problema di come nutrire il piccolo paziente senza portargli conseguenze sulla salute, ma tenendo bassa la frequenza delle crisi epilettiche. Questo problema fu presentato al dipartimento di pediatria della Jhons Hopkins University di Baltimora.
L’avvocato Howland erogò un finanziamento di 5000 dollari a favore del laboratorio della Johns Hopkins University perché studiasse il modo in cui il digiuno influenzasse l’andamento delle crisi epilettiche.
Ben presto la voce dei risultati ottenuti da Concklin sui pazienti epilettici si espanse, tanto da attrarre l’attenzione della comunità scientifica. Alla Mayo Clinic di Rocherster, il dr. Russel Wilder avanzò l’ipotesi che il digiuno, non praticabile per lunghi periodi, potesse essere simulato sostituendo i carboidrati con i grassi nella dieta, così da indurre quello che in linguaggio tecnico viene chiamato stato di chetonemia. Wilder fu il primo ad usare la definizione di dieta chetogenica e sempre alla Mayo Clinic fu sviluppata la prima dieta in uso ancora oggi definita dieta chetogenica classica.
Tra gli anni ‘20 e gli anni ‘30, in strutture prestigiose come la Johns Hopkins University, la Mayo Clinic, il Massachussetts General Hospital, furono trattati con la dieta chetogenica centinaia di persone con epilessia. Molti di questi erano bambini, che non solo videro ridurre le crisi epilettiche, ma sperimentavano anche un miglioramento del livello di attenzione e del comportamento.
Negli stessi anni (1930-40) il fiorire della ricerca intorno all’epilessia contribuì anche alla scoperta della fenitoina, sostanza che si dimostrò immediatamente efficace in una buona percentuale di pazienti. L’utilizzo del farmaco si diffuse rapidamente e l’interesse nei confronti della dieta chetogenica, si spense.
Una sera del 1994, un famoso programma della TV nazionale americana mandò in onda la storia di Charlie Abrahams, un bimbo di due anni affetto da una gravissima epilessia intrattabile farmacologicamente, che era stato curato con la dieta chetogenica alla Johns Hopkins University. Charlie era il figlio del regista americano Jim Abrahams che, annichilito dalla propria esperienza con la malattia e dalla reticenza dei medici nei confronti della dieta chetogenica, decise di fare della diffusione della dieta e della sensibilizzazione la sua missione. La storia di Charlie venne anche raccontata nel 1997 nel film “First do no harm” con Meryl Streep diretto dallo stesso Jim Abrahams.
Successivamente il regista fondò la Charlie Foundation con la missione di diffondere la conoscenza della dieta chetogenica, sensibilizzando sia la comunità scientifica sia quella dei pazienti.
Nel 1973 le diete chetogene iniziarono ad essere utilizzate per la cura dell’obesità. Il primo fu il prof. Blackburn dell’Università di Harvard che sviluppò un protocollo chetogenico chiamato PSFM (Protein-Sparing Modified Fast), capace di far dimagrire gli obesi in poco tempo. Si trattava di un digiuno modificato in cui si potevano assumere solo alimenti ad alto contenuto proteico (pesce, carne e uova). Gli effetti positivi di questa dieta erano il dimagrimento selettivo del tessuto adiposo, il mantenimento della massa magra e il maggiore senso di sazietà rispetto alle diete convenzionali. Negli anni successivi questa dieta è diventata completamente liquida in cui i pasti vengono sostituiti con proteine del siero del latte.
Negli anni ’90 nasce un nuovo protocollo alla Jhons Hopkins University di Baltimora definito VLKCD (Very Low Ketogenic Caloric Diet) poi approvato dal ministero della salute americano. Grazie a questo protocollo milioni di persone sono state curate per problemi di obesità e malattie metaboliche.
Cosa significa e cos'è la dieta chetogenica
Probabilmente ti stai domandando cosa significa dieta chetogenica e a cosa serve la dieta chetogenica.
Si definisce chetogenico un regime dietetico in grado di indurre e mantenere uno stato cronico di chetosi cioè una condizione metabolica in cui vengono utilizzati corpi chetonici come fonte energetica al posto del glucosio. I corpi chetonici sono tre composti denominati acetone, acido acetoacetico e acido beta-idrossibutirrico normalmente presenti nel sangue in quantità trascurabile. Essi sono sintetizzati dalle cellule epatiche in caso di necessità metaboliche.
In condizioni fisiologiche il nostro organismo utilizza a scopo energetico carboidrati e grassi. Il metabolismo dei carboidrati è sotto stretto controllo del pancreas tramite due ormoni l’insulina e il glucagone che permettono di mantenere stabile la glicemia nel sangue.
Il glucosio introdotto con gli alimenti viene metabolizzato in tre modi:
- Viene utilizzato per produrre energia come fonte immediata;
- Viene immagazzinato sottoforma di glicogeno (un deposito di carboidrati a scopo energetico) nei muscoli e nel fegato;
- Viene trasformato in depositi adiposi quando è in eccedenza rispetto al fabbisogno dell’organismo.
Il meccanismo di chetosi in condizioni di digiuno o di dieta fortemente ipoglucidica è molto importante per la sopravvivenza degli organi e in particolare del cervello. Infatti, il cervello consuma circa 100-120 g di glucosio al giorno. Siccome per fare 1 g di glucosio ci vogliono circa 1,75 g di proteine, se esistesse solo la produzione di glucosio dalle proteine, in condizioni di digiuno o di diete fortemente ipoglucidiche, l’organismo in brevissimo tempo andrebbe rapidamente ad atrofizzare la massa magra per alimentare il cervello con conseguenze letali in breve tempo. Per alimentare il cervello, per diminuire l’atrofia muscolare ed evitare la rapida morte per fame, l’organismo produce i corpi chetonici estratti dal grasso, come sostituto energetico del glucosio. I corpi chetonici, inoltre, possono passare la barriera emato-encefalica e nutrire il cervello.
La chetosi derivante da questo tipo di diete viene definita chetosi fisiologica che è differente dalla chetoacidosi diabetica. Nella chetosi fisiologica la quantità di corpi chetonici è relativamente bassa rispetto alla chetoacidosi diabetica, dove raggiunge valori altissimi. Inoltre, nella chetosi diabetica il glucosio nel sangue è molto alto. La differenza sostanziale tra le due condizioni, dunque, sta nella quantità di corpi chetonici prodotti e sui livelli di glicemia.
Al di là delle implicazioni positive sulla salute in particolare su diverse patologie che abbiamo visto nella tabella precedente che sfruttano i corpi chetonici come farmaco naturale, nell’obesità l’utilizzo di queste diete ha un vantaggio sul metabolismo e sulla fame. Dal punto di vista metabolico le diete chetogeniche permettono soprattutto di stimolare l’organismo a bruciare grassi. Quando ben strutturate, sono capaci di mantenere intatta la massa magra e di conseguenza il metabolismo, cosa che difficilmente avviene con una dieta fortemente ipocalorica non chetogena. Inoltre, i corpi chetonici possono essere utilizzati dal cervello come fonte di energia al posto del glucosio. Gli stessi corpi chetonici influiscono sul senso di sazietà andando a “sedare” la fame.
A chi è adatta e a chi è consigliata la dieta chetogenica classica
Vediamo a chi è adatta e a chi è consigliata la dieta chetogenica secondo la letteratura scientifica.
Attualmente la dieta chetogenica classica e le sue varianti vengono utilizzate come terapia o coadiuvante terapico in numerose patologie:
Patologie metaboliche |
Obesità |
Preparazione alla chirurgia bariatrica |
Steatosi epatica |
Acne |
Infertilità maschile e femminile |
Patologie neurologiche |
Epilessia |
Cefalee/Emicrania |
Malattie neurodegenerative |
Autismo |
Patologie tumorali |
Glioblastomi e Astrocitomi |
Cancro prostatico |
Cancro gastrico |
Cancro colon retto |
Patologie del sistema immunitario |
Psoriasi |
Artrite reumatoide |
Sclerosi multipla |
Difetti congeniti del metabolismo |
Deficit Glut-1 |
Deficit Piruvato deidrogenasi |
Deficit fosfofruttochinasi |
Glicogenosi di tipo V |
Tipologie ed esempi di diete chetogeniche
Il regime chetogeno non è una singola tipologia di dieta, ma esistono molti esempi di diete chetogeniche che vengono utilizzate in modo diverso in base alla patologia da trattare. La maggior parte di esse sono utilizzate per le patologie neurologiche, mentre solo alcune per la perdita di peso.
Passeremo in rassegna le più comuni diete chetogene per poi soffermarci su quelle utilizzate per il dimagrimento.
La dieta chetogena classica è un regime dietetico molto rigido ma molto efficace utilizzato per trattare i bambini e gli adolescenti epilettici resistenti ai farmaci. Non è una dieta ipocalorica, ma viene strutturata in base ai fabbisogni energetici del bambino, dunque normocalorica, almeno che il bambino non sia in sovrappeso.
È una dieta con un rapporto fra lipidi proteine e grassi di 4:1, ciò significa che è costituita dal 90% di lipidi, 6% di proteine e 4% di carboidrati. Vengono utilizzate anche delle varianti con rapporti 3:1:1, in cui vengono diminuite le percentuali di lipidi a favore dei carboidrati rendendo la dieta più palatabile, meno rigida e con meno effetti collaterali. Sono previste integrazioni di Sali minerali e vitamine.
La dieta MAD o dieta Atkins modificata fu elaborata da Eric Kossof rielaborando la dieta Atkins degli anni ’60 molto in voga per il dimagrimento. Il protocollo MAD prevede un rapporto chetogenico 2:1 con 65% di lipidi, 25% di proteine e 10% di carboidrati, o addirittura un rapporto 1:1. L’effetto antiepilettico di questa dieta è leggermente inferiore a causa della minore quantità di lipidi, ma è anche più sostenibile nel lungo periodo dal bambino e sicuramente più palatabile.
La dieta MCT (Trigliceridi a Catena Media) fu elaborata negli anni ’70 dal dr Huttenlocher dell’Univeristà di Chicago che propose una variante della chetogena classica sostituendo parte dei lipidi a catena lunga con quelli a catena media. L’ olio d’oliva, ad esempio, veniva sostituito con oli a catena media come quelli di cocco. Gli oli a catena media hanno il vantaggio di essere assorbiti più facilmente, sono più chetogeni e in questo modo è possibile aumentare la quota di carboidrati rendendo la dieta più sostenibile. Gli svantaggi di utilizzare gli oli MCT sono nausea e disturbi gastrointestinali ed è per questo che spesso gli oli MCT vengono introdotti gradatamente. Grazie alla MCT è però possibile aumentare la quota di carboidrati assunti anche al 20%.
Nella immagine successiva sono indicate tutte le tipologie di diete chetogeniche.
Cosa mangiare e non mangiare, alimenti vietati nella dieta chetogenica
Cosa mangiare con la dieta chetogenica? 👉 Se il tuo obiettivo è perdere peso e seguire una dieta chetogenica, devi assolutamente conoscere quali alimenti e cibi sono permessi e quali assolutamente no.
Se stai facendo una dieta chetogenica, probabilmente ti sarai chiesto cosa mangiare, cosa non mangiare e quali sono gli alimenti vietati. Di seguito viene presentata una tabella degli alimenti consigliati e sconsigliati nelle diete chetogene. standard in base alla quantità di carboidrati.
Gruppo |
Consigliati |
Sconsigliati |
Cereali e derivati |
Seitan (frazione proteica del grano o farro) |
Pasta |
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Pasta di Konjac (shirataki) |
Riso |
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Pane |
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Cereali |
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Prodotti da forno |
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Avena |
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Quinoa |
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Altri pseudocereali |
Legumi |
Tempeh (carne di soia) |
Fagioli tutti |
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Tofu (caglio di semi di soia) |
Ceci |
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Piselli |
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Lenticchie |
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Soia |
Carni e pollami |
Pollo |
Carni impanate |
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Tacchino |
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Manzo |
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Maiale |
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Frattaglie |
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Insaccati di cui si è sicuri che non è presente zucchero aggiunto |
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Pesce |
Tutti i pescati |
Calamari |
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Tonno e sgombro sgocciolato |
Pesci impanati |
Derivati del latte |
Burro ghee |
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Formaggi grassi (cheddar, formaggio di capra, mozzarella non industriale) |
Latte |
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Yogurt magro |
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Yogurt addolcito |
Uova |
Uova, pancake |
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Semi e frutta oleaginosa |
Noci (in piccole quantità) |
Anacardi |
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Mandorle (in piccole quantità) |
Burri vegetali addolciti |
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Arachidi (in piccole quantità) |
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Semi di chia, semi di lino, semi di zucca |
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Burro di noci, burro di arachidi (in piccole quantità) |
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Oli e grassi |
Prodotti a base di cocco |
Olio di colza, olio di mais |
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Olio di oliva, cocco, avocado, sesamo |
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Avocado |
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Vegetali |
Asparagi |
Barbabietola |
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Broccoli |
Carote |
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Cavolfiore |
Mais |
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Cetrioli |
Patate |
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Cipolla |
Verdure amidacee |
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Funghi |
Zucca |
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Melanzana |
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Peperoni |
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Pomodori |
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Sedano |
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Verdure a foglia verde |
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Verdura non amidacea |
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Frutta |
Frutti di bosco (in piccole quantità) |
Tutta |
Bevande |
Bevanda di mandorla senza zuccheri |
Bevanda di avena |
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Bevanda di cocco senza zuccheri |
Bevanda di soia |
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Te, caffè, acqua e bevande senza zucchero |
Bevanda di riso |
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Birra, vino |
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Succhi di frutta |
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Bevande gassa e zuccherate |
Condimenti |
Tutte le erbe e spezie in modiche quantità |
Aceto balsamico |
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Aceto di mele, di vino |
Ketchup, maionese |
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Sciroppo d’acero, d’agave, di glucosio, di fruttosio ecc |
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Salse di soia, di yogurt, di tzatziki, di senape |
Altri |
Stevia, eritritolo |
Zucchero comune,di canna, di cocco, fruttosio |
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Alimenti del fast food |
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Caramelle |
Piramide chetogenica
Dieta chetogenica per dimagrire e per il lipedema
Adesso passiamo in rassegna le diete chetogene più comuni per dimagrire e per il lipedema.
La dieta LGIT (Low Glicemi Index Treatment) è stata sviluppata nel 2002 da Pfeifer e Theile come alternativa meno restrittiva alla dieta chetogena classica. Si basa sulla scelta degli alimenti con indice glicemico minore di 50. In questa dieta l’apporto di carboidrati può salire anche a 40-60 g, ma devono essere tutti alimenti con un indice glicemico basso. Ha un’ottima efficacia nel trattamento dell’obesità, dell’insulino-resistenza e della sindrome metabolica.
La dieta VLCKD (Very Low Calorie Ketogenic Diet) è una dieta chetogena fortemente ipocalorica sotto le 1000 kcal che trova la sua applicazione nel trattamento delle obesità, nella sindrome metabolica, nel periodo antecedente alla chirurgia bariatrica e nelle steatosi epatiche di grado medio-severo.
La dieta VLCKD ha determinate caratteristiche:
- Ipocalorica: contenuto della dieta sotto le 1000 kcal
- Ipoglucidica: ridotto apporto di carboidrati (tra 0.5-0.9 g per kg di peso corporeo)
- Ipolipidica: ridotto apporto di lipidi differentemente delle precedenti diete esposte (tra 0.2-0.5 g per kg di peso corporeo)
- Normoproteica: apporto giornaliero di proteine in quantità fisiologica (tra 1-1.4 g per kg di peso corporeo)
Alla luce di quanto detto la dieta VLCKD, differentemente dalla credenza comune, non è una dieta iperproteica e nemmeno ricca di grassi.
Prevede inoltre un apporto equilibrato di fibre vegetali, acqua, sali minerali e vitamine.
I vantaggi della dieta VLCKD oltre all’effetto anoressizzante ed euforizzante dei corpi chetonici è la riduzione selettiva della massa grassa assicurando una buona protezione della massa magra. Inoltre, la rapida perdita di peso agisce come un importante fattore in grado di motivare il paziente a continuare il programma. Si ottiene inoltre un miglioramento dei marker metabolici e infiammatori con riduzione del rischio cardiovascolare.
PROTOCOLLO VLCKD
Il protocollo viene definito modello multifasico in quanto distinto in 4 parti:
- Fase di dimagrimento detta VLCD (very low calory diet)
- Fase di transizione detta LCD (low calory diet)
- Fase di rieducazione alimentare detta HBD (hypocaloric balanced diet)
- Fase di mantenimento del peso detta HBD di mantenimento
Ogni fase prevede un regime alimentare diverso in termini di calorie giornaliere e composizione della dieta.
- Fase 1 VLCD
Il protocollo inizia con una dieta chetogenica da 700-1000 kcal/die. Prevede 4 o 5 pasti al giorno utilizzando sia a pranzo che a cena verdure a basso contenuto glucidico (bietole, cicoria, cetrioli, finocchi, funghi, indivia, lattughino, rucola, sedano, rapa, spinaci, valerianella, zucchine) associate ad un secondo piatto a base di proteine come uova, carne e pesce in determinate quantità in base alle calorie della dieta e al peso corporeo. Non sono presenti in questa fase derivati del latte, legumi e quantomeno cereali. La colazione è salata senza carboidrati, mentre gli spuntini saranno a base di finocchi, sedano o cetrioli. Sono presenti solo 30 g di carboidrati e circa 20 g di lipidi al giorno. Le proteine assunte vanno dai 75 g ai 105 g in base al peso del paziente. Le proteine non devono eccedere le quantità previste altrimenti vengono trasformate in zuccheri e si perde lo stato di chetosi.
Normalmente la fase 1 dura dalle 8 alle 12 settimane. Questa fase può essere anche variata utilizzando pasti sostitutivi, ma sono più costosi rispetto alla dieta alimentare.
Nella fase 1 è prevista una supplementazione a base di magnesio, potassio, citrati, omega-3 e multivitaminici. La supplementazione è molto importante in quanto previene la perdita di potassio e magnesio caratteristico della chetosi. I citrati prevengono gli accumuli di acido urico. Inoltre, è consigliabile un abbondante apporto di acqua, meglio se carbonato-calcica, in quanto la dieta chetogena tende a disidratare l’organismo.
- Fase 2 LCD
La fase 2 detta anche di transizione inizia quando si è perso almeno il 10% del peso iniziale o si è raggiunto un obiettivo di peso prefissato. È possible iniziare già la fase di transizione quando si ha una fase di stallo del peso e non si riesce più a dimagrire oppure quando il paziente ha perso motivazione e non riesce più a seguire la dieta indipendentemente dall’obiettivo raggiunto.
Il mantenimento dei risultati ottenuti con la dieta VLCKD sono legati ad una corretta fase di transizione che deve essere considerata come un momento di rieducazione alimentare.
Questa fase prevede l’utilizzo di una dieta un po’ più calorica della fase precedente ed è caratterizzata da:
- Uscita graduale dalla chetosi
- Aumento dell’introito calorico a circa 1200 kcal
- Graduale e lento inserimento dei carboidrati sotto forma di latticini e cereali a basso indice glicemico.
Lo scopo di questa fase è il mantenimento del peso raggiunto al termine della fase di dimagrimento.
Esiste una variante della fase di transizione dove la reintroduzione dei carboidrati avviene solo con la frutta al posto degli spuntini. Questa variante permette di prolungare il dimagrimento.
La fase di transizione deve essere prolungata almeno quanto il periodo della fase 1.
- Fase 3 HBD
In questa fase si utilizza una dieta ipocalorica bilanciata la cui finalità è la rieducazione alimentare. È caratterizzata da:
- aumento dell’introito calorico a circa 1400 kcal /die
- introduzione graduale di frutta (2 porzioni da 150 g) e legumi (50 g secchi) oltre alla precedente reintroduzione di cereali e latticini.
Nella pratica clinica, la modalità di reintroduzione viene stabilita di volta in volta dal professionista in base alle necessità del paziente, sempre rispettando il criterio di gradualità della reintroduzione e dell’utilizzo di alimenti a basso indice glicemico
- Fase 4 HBD di mantenimento
La dieta di mantenimento è un piano ipocalorico bilanciato il cui obiettivo è il mantenimento nel tempo del peso raggiunto. Le sue caratteristiche sono:
- introito calorico di 1600-1700 kcal (dipende dalle caratteristiche del paziente come peso, sesso altezza e attività fisica)
- quota dei macronutrienti come da linee guida in base ai livelli di assunzione raccomandati.
Esempio di menu e schema di dieta chetogenica
Stai cercando qualcosa nel dettaglio e ti chiedi: dieta chetogenica cosa mangiare? Nessun problema, ecco un esempio di menu giornaliero e di schema di una dieta chetogenica. Ovviamente, si tratta di un esempio, utile a darti un'idea di quale regime alimentare seguire.
Colazione
Uova o prosciutto crudo o fesa di tacchino con te o tisana senza zucchero o con dolcificante
Spuntino metà mattinata
Finocchi, cetrioli o sedano
Pranzo
Carne o pesce o uova con zucchine o altre verdure consentite con olio extravergine di oliva
Spuntino metà pomeriggio
Finocchi, cetrioli o sedano
Cena
Carne o pesce o uova con zucchine o altre verdure consentite con olio extravergine di oliva
Le quantità variano in base al peso, alla quantità di massa magra e agli obiettivi da raggiungere e sono decisive per l’entrata in chetosi e per la buona riuscita del protocollo.
Hai anche la possibilità di leggere il mio articolo dedicato sugli alimenti chetogenici.
Controindicazioni ed effetti collaterali della dieta chetogenica
Vediamo ora quali sono le controindicazioni della dieta chetogenica.
Controindicazioni assolute per la dieta chetogenica
- Gravidanza e allattamento
- Positività ai disturbi alimentari e psichici
- Abuso di alcol e altre sostanze psicoattive
- Insufficienza epatica
- Insufficienza renale
- Diabete di tipo I
- Insufficienza cardiaca (da valutare il rischio/beneficio)
- Alcune alterazioni dell’ECG (elettrocardiogramma)
- Calcolosi renale
- Calcolosi biliare
- Terapia con diuretici (escluso i risparmiatori di potassio)
- Età minore di 14 anni e maggiore di 70 anni
Effetti collaterali della dieta chetogenica
- Alitosi dovuta all’eliminazione dell’acetato tramite le vie respiratorie. È possible assumere caramelle alla menta senza zucchero.
- Stipsi o diarrea che si possono verificare nei primi giorni come effetto del cambio di alimentazione e della riduzione quantitative di cibo e dei grassi. Deve essere in questo caso controllato l’apporto corretto di sali minerali e di acqua giornaliera. È possibile evitare questo effetto collaterale assumendo integratori di psillo e glucomannano senza zuccheri.
- Cefalea che si può presentare nei primi giorni di dieta e che in genere scompare appena si instaura la chetosi.
- Crampi o astenia risolvibili con supplementazione di vitamine e sali minerali.
- Fame, normalmente presente nelle prime 48-72 ore e che tende a scomparire appena aumentano i corpi chetonici
- Ridotta tolleranza al freddo a causa della bassa quantità di calorie assunte.
Dieta chetogenica dei 21 giorni (oloproteica)
La dieta chetogenica dei 21 gg o più comunemente detta dieta Oloproteica è una tipologia di dieta chetogena fortemente ipocalorica che a differenza dalla dieta VLCKD, completamente alimentare, vengono sostituiti due pasti al giorno con integratori di proteine sciolti in acqua. Per questo motivo la dieta oloproteica è una dieta con meno calorie rispetto alla versione alimentare. La oloproteica è una dieta che permette di massimizzare la perdita di massa grassa e minimizzare la perdita di massa magra.
Il protocollo oloproteico è un protocollo costituito da tre fasi:
- Fase di attacco
- Fase di transizione
- Fase di mantenimento
È possibile rifare il ciclo dopo aver aspettato 40 giorni dalla fine della fase di transizione.
- Fase 1 di attacco: questa fase dura 2-6 settimane in cui si assumono circa 600 kcal al giorno. Vengono sostituiti due pasti al giorno con proteine isolate del latte idrolizzate senza lattosio sciolte in acqua. La composizione delle proteine che vengono utilizzate per la sostituzione del pasto deve avere una composizione specifica per questo tipo di diete. Non tutte le proteine presenti in commercio vanno bene. Di solito ogni bustina da 25 g ha un contenuto calorico di 70-80kcal e contiene circa 18-20 g di proteine con un elevato contenuto di leucina e aminoacidi ramificati ad alto valore biologico, oltre a contenere magnesio potassio e citrati. I citrati servono per mantenere l’equilibrio acido base delle urine. Le bustine di proteine sostituiscono la colazione e il pranzo o la colazione e la cena. Il terzo pasto è costituito da secondi a base di carne, pesce o affettati con aggiunta di verdure o ortaggi in specifiche quantità in base alla presenza di zuccheri. Al contorno vengono aggiunti circa 3 cucchiaini di olio. Gli spuntini di metà mattinata e metà pomeriggio sono a base di finocchi, cetrioli o sedano o yogurt liquidi senza zuccheri. La dieta è normoproteica e la quantità di proteine assunte totali giornaliere è in base al peso ideale. Normalmente si assumono 1.4-1.5 g di proteine per kg di peso ideale. Le sue caratteristiche fanno si che sia una dieta normoproteica, fortemente ipoglucidica (<30 g) e ipolipidica.
La dieta oloproteica ha un potere dimagrante maggiore della sua versione alimentare. Essendo più ipocalorica l’entrata in chetosi è lievemente più veloce.
Anche questo tipo di dieta necessita di integratori in quanto presenta tutti gli effetti collaterali spiegati nella dieta VLCKD e per questo motivo è sconsigliato fare queste diete in modo autonomo. Dunque, necessita di integratori di magnesio e potassio, omega 3, multivitaminici. Inoltre, in alcuni casi è necessario integrare con prebiotici e probiotici.
Nella fase 1 in 21 giorni si perdono circa il 6-10% del peso iniziale, in base anche dell’efficienza del metabolismo del paziente, al sesso e all’età.
- Fase 2 di transizione: in questa fase viene abbandonata la sostituzione con le proteine e vengono reintrodotti in modo graduale i carboidrati e le calorie. Si passa da una dieta di 600 kcal ad una dieta di circa 1200 kcal. La quantità di proteine comunque rimane alta in modo da continuare a mantenere stabile la massa magra. Questa fase normalmente dura il doppio della fase di attacco, ma può essere variata in base alle necessità del paziente. Si divide in 2 sottofasi. Nella prima sottofase ci sono due modi per reintrodurre i carboidrati e questa scelta avviene in base agli obiettivi prefissati. Un primo modo è quello di reintrodurre i carboidrati dalla colazione, ad esempio, yogurt greco 0% con cereali, mantenendo la struttura di una VLCKD nei rimanenti pasti, in alternativa un altro metodo è quello di reintrodurre i carboidrati negli spuntini sottoforma di frutta. La colazione pranzo e cena saranno a base di proteine alimentari. Nei primi 21 giorni della fase 2 non vengono reintrodotti lattici ma solo uova. Nella seconda sottofase della fase 2 vengono reintrodotti anche i derivati del latte.
- Fase 3 di mantenimento: in questa fase si passa ad una dieta mediterranea classica ipoglucidica ipocalorica o normocalorica in base agli obiettivi prefissati in cui vengono reintrodotti cereali legumi e in minima parte i derivati del latte, preferibilmente quelli meno grassi come ricotta e fiocchi di latte.
Chetosi e la dieta chetogenica: come riconoscerla, possibili ragioni del mancato raggiungimento e soluzioni per dimagrire
Come a faccio a sapere se sono in chetosi?
Vuoi sapere se sei in chetosi? La chetosi viene monitorata tramite il sangue o l’urina, mentre i corpi chetonici nell’espirato non sono rappresentativi dello stato di chetosi. Il modo più semplice e pratico per monitorare la chetosi è quello di utilizzare le strisce per l’analisi dei chetoni urinari (Ketostix o Ketur Test) acquistabili in farmacia o anche online. L’importante è ricordarsi che una volta aperti hanno una durata limitata a circa 2-3 mesi perché le strisce soffrono l’umidità. Bisogna inoltre ricordarsi di chiudere la confezione ermeticamente una volta aperto.
Il monitoraggio della chetosi è necessario per essere sicuri che il programma chetogeno stia funzionando.
Perchè non vado in chetosi durante la dieta chetogenica classica
Può capitare che tu non vada in chetosi durante la dieta chetogenica. I motivi che possono portare all’uscita della chetosi oppure una chetosi troppo lieve sono tanti. La prima cosa importante è quella di pesare gli alimenti descritti in dieta. Infatti, anche piccole quantità in eccesso di carboidrati o di proteine possono far uscire dalla chetosi. I carboidrati devono essere sempre al di sotto di una certa quantità altrimenti non viene innescato quel processo che permette all’organismo di utilizzare i grassi come fonte energetica, mentre le proteine se assunte in eccesso vengono trasformate in zuccheri e questo porta l’uscita dalla chetosi. Oltretutto non pesare gli alimenti potrebbe significare anche la perdita di massa magra.
Alcune volte in corso di dieta è necessario rivedere le quantità di carboidrati, di proteine e di grassi e questo spesso capita a pazienti che hanno fatto numerose diete o che hanno problemi tiroidei e a causa di un metabolismo meno efficiente. Per ovviare a questo problema è possibile fare una moderata attività fisica non intensa che induce un potenziamento della chetosi oppure in caso di chetogena alimentare allungare il tempo fra i pasti in modo da prolungare le ore di digiuno.
In situazioni di resistenza alla chetosi è possibile utilizzare olio di cocco extravergine o ancora meglio olio MCT al 100% al posto dell’olio di oliva che come abbiamo visto precedentemente potenzia lo stato di chetosi.
Bisogna fare attenzione alla frutta secca in particolare anacardi e pistacchi che contengono una maggiore quantità di carboidrati. La frutta secca seppur ha una maggiore quantità di grassi va comunque consumata con moderazione.
Il divieto è da estendersi anche al latte, latticini e derivati del latte che contengono zuccheri.
Il burro va sostituito con il burro ghee che è la frazione grassa del burro privata di lattosio e proteine e dunque con un maggiore rapporto chetogenico.
Non bisogna nemmeno eccedere con le brassicacee che contengono più zuccheri.
Bisogna fare anche attenzione ad alcuni farmaci o integratori che contengono zuccheri e possono compromettere la chetosi.
Perchè la dieta chetogenica non funziona e perchè non dimagrisco
Probabilmente ti starai chiedendo perchè la dieta chetogenica non funziona e perchè non dimagrisci. Essere in chetosi non significa necessariamente che la dieta stia funzionando, in quanto mangiare una eccessiva quantità di grassi porta ad aumentare le calorie assunte. Alcune volte infatti capita di assumere come spezzafame mandorle o noci o altri alimenti grassi in eccesso rispetto a quanto prescritto e questo fa si che l’organismo utilizzi i grassi dell’alimento come fonte energetica piuttosto che estrarli dal tessuto adiposo. È per questo che importante attenersi alle quantità prescritte per avere anche una perdita di peso.
Un altro motivo per cui si dimagrisce di meno rispetto all’atteso è fare numerose diete chetogene oppure prolungarle oltre il dovuto. Ogni volta che fai un ciclo di diete chetogene l’organismo registra quel tipo di restrizione calorica andando ad adattarsi alla successiva dieta. Questo è un processo che capita con qualsiasi dieta, ma per fortuna solo una bassa percentuale di casi si adatta in modo irrimediabile.
Spero di esserti stato d'aiuto! Ad ogni modo puoi contattarmi se cerchi un nutrizionista dieta chetogenica Napoli o dieta chetogenica Roma
Autore
Dr. Roberto Uliano
Sono consulente e scrittore nel campo delle scienze dell'alimentazione presso diverse testate giornalistiche come viveresaniebelli, silhoutte. Nel 2015 sono stato consulente della testata "Bimbi a tavola", rivista di educazione alimentare per i bambini. Sono docente dal 2011 di nutrizione applicata presso la Scuola di Nutrizione Salernitana. Il mio obiettivo è quello di insegnare la nutrizione in pratica.
Opero da anni nel campo dell'obesità, dello sport e di numerose patologie correlate all'alimentazione.
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